Brunetta, lo smartworking e i “criteri” di misurazione della produttività dei dipendenti pubblici…
Leggo su Corriere Comunicazione (https://bit.ly/3h6c55l) che il ministro Brunetta ha disposto (https://bit.ly/3t8Nq4Q) che, dal prossimo mese, tutti i dipendenti della PA rientrino nelle rispettive sedi di lavoro mettendo fine allo #smartworking.
E sempre su CorCom leggo ancora che a supporto della decisione pare abbia presentato il rapporto della Mazziero Research, secondo cui questo rientro in massa determinerebbe un aumento di produttività del 2%.
Non è certo di secondaria importanza il fatto che ci siano centri di ricerca internazionali che smentiscono con convinzione i dati del rapporto.
E in un commento a quello stesso rapporto pubblicato sul sito proprio della Mazziero Research (https://bit.ly/2UZIa6M) si legge: «Ci sono invece settori come ristorazione collettiva, caffetteria, abbigliamento e altre attività indotte come i trasporti che hanno maggiormente risentito da una minore attività lavorativa in presenza, e proprio da questi settori è mancato il contributo sui fattori di crescita. Secondo le nostre stime la piena ripresa delle attività in presenza consentirebbe di colmare ulteriormente il gap del PIL rispetto ai livelli pre-pandemici, fornendo una crescita aggiuntiva del PIL di circa il 2% su base annua (stima approssimativa dopo 12 mesi dal rientro)».
Dunque, tanto per cercare di tirare le somme e capire su cosa punta il ministro… Brunetta pensa di far crescere il PIL perché i dipendenti pubblici potranno finalmente tornare al bar o a mangiare in mensa?
È questo il suo modo di intendere la produttività della PA? Il lavoratore va al bar e il PIL aumenta perché il barista fa fatturato?
Non è molto edificante l’idea che Brunetta ha di queste professionalità…
Direi che la produttività generata dal dipendente pubblico andrebbe “misurata” in altro modo