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IL MIO INTERVENTO IN SENATO SUL GEOBLOCKING

Il geoblocking è una pratica diffusa. Il regolamento UE 302/2018 lo ha espressamente proibito, ma l’azione risulta ancora monca.

Con la legge discussa al Senato affidiamo all’Agcom poteri inibitori e sanzionatori per vigilare sull’applicazione del regolamento. Al Centro nazionale della Rete europea per i consumatori è invece affidato il compito dell’assistenza in caso di controversie.

Il blocco geografico è un ostacolo purtroppo ancora troppo presente in Europa anche a danno dei cittadini Italiani . Si manifesta quando dobbiamo effettuare acquisti online su siti europei, incorrendo in sovrapprezzi, blocchi di carte di credito e altri disagi inaccettabili nell’era del Digital Single Marketing.

Un blocco figlio del protezionismo che avvantaggia soltanto le multinazionali, che si manifesta ancora in quasi due acquisti su tre (63%) in tutta la Comunità Europea.

L’Italia deve fare la sua parte per dare nuove opportunità ai consumatori e alle imprese del settore elettronico. Serve un cambiamento di rotta anche in Europa per disciplinare settori attualmente non previsti dal testo. L’augurio è che qualcosa possa cambiare dopo le elezioni europee di maggio.

Di seguito il mio intervento completo al Senato:

 

Seduta Senato del 16.04.2019

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(822-B) Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2018 (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale) (ore 17,03)

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Mantovani. Ne ha facoltà.

MANTOVANI (M5S). Signor Presidente, colleghe senatrici e colleghi senatori, il provvedimento oggi all’esame dell’Aula del Senato, recante la legge europea 2018, ha come scopo principale quello di adeguare periodicamente l’ordinamento nazionale a quello dell’Unione europea. Data la sua natura, sono previsti interventi molto vari che incidono in diversi ambiti di pertinenza e in molteplici settori della nostra vita, non di poco conto, anzi spesso rilevanti.

In particolare, in questo intervento vorrei approfondire due aspetti che mi stanno a cuore: la lotta alla discriminazione in favore di tutti i consumatori italiani ed europei e l’attuazione del mercato unico digitale europeo, che purtroppo rimane da completare in maniera efficace.

Mi riferisco all’articolo 6, che adegua la normativa interna al regolamento UE n. 302 del 2018, il quale dispone il divieto della diffusa pratica del geoblocking. Il regolamento, entrato in vigore il 3 dicembre 2018, attendeva il completamento da parte ciascuno Stato membro con la designazione delle autorità competenti. Con la legge in votazione oggi designiamo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato quale organismo responsabile dell’applicazione del regolamento, con poteri inibitori e sanzionatori, nonché il Centro nazionale della rete europea per i consumatori quale organismo competente a fornire assistenza ai consumatori in caso di controversia tra consumatori e professionisti.

Ma di cosa parliamo quando usiamo l’espressione geoblocking, ossia «blocco geografico»? Intendiamo quella pratica discriminatoria per cui non riuscivamo a fare acquisti online in tutta Europa senza incappare nei soliti imprevisti, come sovrapprezzi o blocco delle carte credito, non accettate solo perché il nostro Paese di residenza è diverso da quello della sede del venditore. Come si manifesta il geoblocking? Mettiamo il caso che troviamo un’offerta di un prodotto che ci piace su un sito che si trova, ad esempio, nel Regno Unito o in Germania e che magari procediamo alla registrazione online e, infine, al pagamento. A questo punto veniamo reindirizzati sul sito italiano che, nella stragrande maggioranza delle volte, non è configurato per accettare l’offerta che abbiamo scelto sul sito di uno Stato membro. Il risultato è che non possiamo acquistare il prodotto scelto oppure ci viene proposto un prezzo superiore.

Tutto questo protezionismo dei mercati locali, che avvantaggiava solo le multinazionali a danno dei consumatori, oggi è ritenuto ingiustificato. Pertanto, nel digital single market, il mercato unico digitale su cui sta tanto investendo l’Unione europea, il geoblocking è stato vietato.

I dati della Commissione europea sono stati molto illuminanti nell’evidenziare le discriminazioni operate a danno dei cittadini consumatori residenti nell’Unione: nel 2017 il 57 per cento degli europei ha acquistato online (una percentuale che sale al 68 per cento per chi frequenta abitualmente la rete), mentre un terzo dei consumatori si è rivolto a negozi di un altro Paese dell’Unione europea. Tuttavia, solo il 37 per cento dei tentativi di acquisto da parte di utenti di uno Stato membro su un sito web di un altro Paese europeo è andato a buon fine. Uno dei motivi alla base di questa situazione è proprio la pratica dei blocchi geografici. Lo scopo del regolamento è quindi di eliminare tali restrizioni e sbloccare il commercio elettronico, impedendo la discriminazione dei consumatori e delle imprese in materia di accesso a prezzi e condizioni di vendita o di pagamento negli acquisti di prodotti e servizi in un altro Paese dell’Unione europea.

In base alle nuove regole, gli operatori non possono più operare discriminazioni in base alla residenza dei clienti relativamente ai termini e alle condizioni generali, inclusi i prezzi, dal momento che le modalità di consegna devono essere concordate tra acquirente e venditore. La discriminazione viene inoltre esclusa per i servizi online (come i servizi cloud, l’archiviazione dei dati e l’hosting di siti web) oppure per i servizi quali l’alloggio in alberghi e il noleggio auto, che il cliente riceve nel Paese in cui ha sede l’operatore. Anche la discriminazione ingiustificata dei clienti in relazione ai metodi di pagamento è vietata. Sono esclusi alcuni servizi, come quelli finanziari, audiovisivi, di trasporto, sanitari e sociali, mentre saranno oggetto di riesame della Commissione europea i servizi connessi ai contenuti tutelati dal diritto d’autore o alle opere in forma immateriale, come i servizi musicali in streaming e i libri elettronici.

Il problema però nasce qui: sembra incredibile, ma quando si vanno a toccare i privilegi delle lobby degli editori e delle aziende dell’intrattenimento, il percorso è sempre molto accidentato, per i consumatori naturalmente. Dalle misure che ho descritto, è infatti evidente che l’azione europea sul geoblocking è ancora monca: rimangono esclusi i media digitali quali musica, e-book, software e giochi online e, soprattutto, rimangono favorite le grandi aziende di intrattenimento a danno dei semplici consumatori. Anche per la portabilità transfrontaliera di servizi online, cui fa riferimento l’altro regolamento, il n. 1128 del 2017, già in vigore dal 1° aprile, è stata fatta un’eccezione per le reti televisive pubbliche, che potranno decidere se concedere la portabilità o meno. Se quindi la fine dei blocchi geografici rappresenterà una nuova opportunità sia per i consumatori, che avranno più opportunità di scelta, sia per le imprese nel settore del commercio elettronico ancora molti muri di protezione devono cadere. Speriamo che il nuovo Parlamento europeo, dopo le elezioni di maggio, possa finalmente abbattere questi ostacoli. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd’Az).