LEGGE SUL COPYRIGHT. IL 26 MARZO UN GIORNO NERO PER LA DEMOCRAZIA
Il 26 marzo è stato un giorno nero per la democrazia e la libertà in Internet. Il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sul Copyright.
Un testo a cui intellettuali (penso al fondatore del web, Tim Berners Lee) e siti autorevoli (l’esempio è Wikipedia) si sono da subito opposti per le forti restrizioni alla libertà di pubblicare i contenuti in rete.
Il MoVimento 5 Stelle si è da subito espresso per il no in Europa, in sintonia con quanto fatto dal Governo in Italia. Auspico che l’esecutivo sappia limitare gli effetti negativi di una pessima riforma per tutelare le vere vittime: i cittadini. Cittadini a cui resta un’importante possibilità: cambiare la classe politica alle prossime europee.
Di seguito il mio intervento odierno in Senato
Gentile Presidente, colleghe Senatrici e colleghi Senatori,
Ieri è stato un giorno nero per la libertà in Internet, a causa dell’approvazione da parte del Parlamento europeo della Direttiva sul Copyright, contro cui in questo fine settimana hanno manifestato decine di migliaia di persone ed è stata firmata una petizione con milioni di firme. Anche Wikipedia ha oscurato le proprie pagine per dare visibilità alla protesta.
C’è chi ha detto che il 26 marzo 2019 il web per come lo abbiamo conosciuto è morto. Creato nel 1989 da uno scienziato, Tim Berners Lee, e distrutto dopo 30 anni nel 2019 da un politico Axel Voss, relatore di questa pessima riforma. Una delle migliori invenzioni dell’uomo è stata mutilata dalla politica, probabilmente per mancanza di conoscenze tecniche o semplice ignoranza.
Per una persona come la sottoscritta che ha partecipato attivamente alla nascita e alla realizzazione di Internet in Italia, questa direttiva dimostra come fino all’ultimo l’attuale classe politica europea – che ancora per poche settimane avremo a Bruxelles e a Strasburgo – invece di tutelare i diritti e le libertà dei cittadini preferisca in realtà schierarsi a favore della lobby degli editori.
Il web fin dalla sua nascita ha rappresentato una rinata opportunità per tutti di collocare il diritto di scrittura sullo stesso piano del diritto di lettura, il diritto di produrre informazione sullo stesso livello di quello di ricevere informazione. Il web è la possibilità tecnico-economica di esercitare questi diritti. Questa direttiva tende invece all’introduzione per legge dell’asimmetria: solo pochi hanno il diritto di informare, mentre tutti hanno il diritto di ricevere informazioni.
I pochi che mantengono il diritto di informare sono coloro per i quali sarà conveniente pagarne i diritti d’autore.
Oltre ai dubbi sulle difficoltà di recepimento, dovuti ai lunghi tempi tecnici che non permettono di sapere se tali regole saranno ancora utili in futuro e alla vaghezza e approssimazione di alcune norme che avranno come conseguenza leggi diverse per ogni stato membro dell’Unione europea, l’aspetto più grave è che non esiste un solo studio di impatto della nuova disciplina sul mercato editoriale e su quello dei contenuti creativi online: non è possibile quantificare il guadagno in più degli editori di giornali, quanti editori continueranno a essere indicizzati dalle grandi piattaforme di aggregazione dei contenuti, quanti utenti si vedranno rifiutare l’upload dei propri contenuti perché senza accordo di licenza, né quanti titolari dei diritti guadagneranno effettivamente di più grazie alle nuove regole.
Il rischio concreto è che la Riforma trasformi i gestori delle grandi piattaforme, che sin qui hanno ospitato contenuti prodotti dagli utenti, in editori, lasciando loro la prerogativa di scegliere quali contenuti pubblicare e quali NON pubblicare.
La mia speranza, e quella di tanti altri che condividono la mia visione, è che l’attuale Governo che si era espresso contro la riforma, definisca al meglio i contorni esatti di questa nuova norma, in modo che vengano esaltati i pochi, purtroppo, aspetti positivi e limitati quelli fortemente negativi, al fine di tutelare i veri sconfitti di ieri che non sono i giganti del Web ma i cittadini europei e tutti gli utenti di Internet.
Anche i cittadini hanno un’ultima possibilità: cambiare la classe politica alle prossime elezioni europee.