LEGGE ANTITAGLI. PRONTI AL CONFRONTO CON LE IMPRESE
Condivido l’intervista pubblicata sul Corriere della Sera ad Alessandra Todde, viceministro pentastellato allo Sviluppo Economico.
Qui il testo integrale.
«Ricordo che stiamo parlando di una bozza non della versione definitiva» risponde al Corriere Alessandra Todde, viceministra allo Sviluppo economico, del M5S, all’indomani dell’attacco frontale del presidente di Confindustria Carlo Bonomi.
Se l’aspettava un affondo del genere sul decreto antidelocalizzazioni che sta scrivendo assieme al ministro del Lavoro Andrea Orlando?
«Guardi, mi aspetto solo si apra un confronto produttivo. Nessuno crede che le imprese rimangano in Italia per merito delle norme: l’unico modo è un contesto stabile e competitivo e un sistema di attrazione degli investimenti che funzioni».
Quindi?
«Nessuna polemica, ma nemmeno la volontà di eludere un problema che in Italia esiste. L’intento del decreto è quello di delineare un percorso di responsabilità sociale per aziende che non sono in crisi e decidono di chiudere attività produttive dopo aver ricevuto aiuti pubblici. Dobbiamo combattere la logica usa e getta».
Lei ha letto l’intervento di Bonomi come una dura critica al provvedimento o come un’offensiva politica?
«Sono una persona concreta, sono cresciuta con La chiave a Stella di Primo Levi e vengo da 30 anni di vita di impresa e di azienda in cui non ho utilizzato 1 euro di denaro pubblico. Mi è stata insegnata l’etica del lavoro e non credo di sostenere una discussione marziana. Credo non sia stata capita a fondo la logica della norma trattandosi di una bozza».
Però Bonomi parla di un testo punitivo. È così?
«Non ha alcun intento punitivo. Non potrebbe essere altrimenti considerando il mio percorso professionale. Le aziende rimangono in un Paese a medio lungo termine se il patto territoriale è equilibrato, se sono competitive e se ricevono dal territorio i servizi e le agevolazioni utili come personale qualificato, basso costo dell’energia o una filiera che funziona».
I tentativi precedenti di disincentivare la delocalizzazione sono stati spesso inefficaci. Avete fatto un conto del saldo costi-benefici?
«Noi dobbiamo ragionare sulla competitività e su ciò che è strategico per il nostro Paese e su quali investimenti possono creare valore. Ma non è nemmeno corretto scambiare la politica industriale con la giustificazione di atteggiamenti predatori e non etici da parte delle imprese, come i licenziamenti last minute via WhatsApp».
Non rischia di renderci sempre meno attrattivi per le multinazionali? Bonomi ha raccontato che il suo omologo spagnolo lo ha ringraziato: se passa il provvedimento aumenteranno le aziende che andranno a investire in Spagna anziché in Italia.
«Ci sono multinazionali che decidono di investire in Italia. Unilever non chiude lo stabilimento di Pozzilli in Molise ma lo trasforma in un polo strategico per il riciclo e riutilizzo della plastica. In Spagna lo statuto dei lavoratori dice che, se vengono licenziati più di 50 lavoratori, l’imprenditore deve presentare un piano di ricollocamento che assista lavoratori licenziati per almeno 6 mesi e che le aziende non in concordato debbano contribuire ai fondi di prepensionamento per i lavoratori sopra i 55 anni. Quindi ci sono regole in tutti i Paesi europei, è giusto che ci siano anche in Italia».
Uno dei limiti dei precedenti tentativi è che prevedeva sanzioni solo per chi si trasferiva nei Paesi extra Ue. Voi cosa pensate di fare?
«Il limite è imposto dalle norme comunitarie da cui non possiamo derogare. È importante capire che per reindustrializzare o ricollocare serve tempo che va speso insieme tra azienda e istituzioni in un percorso ordinato».
Ma è vero che vi state ispirando alla legge francese Florange?
«In realtà il testo è stato condiviso con esperti di impresa e giuslavoristi nell’ottica di trovare un percorso sensato che non penalizzasse le aziende serie che sono la maggioranza».
Nel testo si parla di un’ipotesi di black list per chi delocalizza. Di cosa si tratta?
«Far presente alle istituzioni chi ha preso soldi pubblici senza seguire le regole».
Sul Green pass nelle aziende, sempre Bonomi e i sindacati vi incalzano a dire cosa bisogna fare.
«La concertazione tra aziende, sindacati e governo è il luogo giusto dove trovare una soluzione. La sicurezza è necessaria ma in modo che funzioni. Tutti gli strumenti e tutte le vie di contrasto al Covid, nel rispetto della comunità scientifica, mi trovano favorevole».
Un’ultima cosa sugli ammortizzatori sociali: non le sembra una contraddizione continuare a dare la Cig Covid all’ex Ilva mentre il mercato dell’acciaio è in netta ripresa?
«L’ex Ilva ha bisogno di tempo e di supporto per compiere la sua trasformazione. L’ingresso dello Stato nel capitale segna la strategicità dell’azienda».